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Brancaleone Vetus sorge su una collina di Arenaria a 310mt s.l.m. e a 3,5km dalla costa, l’antico abitato domina la cittadina costiera un tempo, come  “la città del gelsomini” per lo sviluppo di pratiche agricole dedite alla coltura e trasformazione di questo fiore per l’industria profumiera, un sogno che svanì poi agli inizi degli anni ’60 quando l’industria chimica riuscì a sostituire l’essenza di questo pregiatissimo fiore. Oggi viene conosciuta come “città delle tartarughe marine” grazie alla presenza di numerose specie di tartarughe della specie Caretta caretta che ogni anno nidificano sul tratto di spiaggia compreso tra Palizzi e Bruzzano Zeffirio. A testimoniare l’impegno alla tutela di questi animali, qualche anno fà è sorto un Centro di Recupero che si occupa di curare ed rimettere in libertà queste straordinarie testugini.

Le origini di Brancaleone risalgono tra il V° ed il VI° secolo grazie ai trasferimenti dei monaci Greco-Bizantini, in fuga dall’oriente sotto l’incalzare della persecuzione Iconoclasta e musulmana. Secondo il Natoli (cronista e storico attendibile) l’attività economica e culturale dei monaci Basiliani contribuì in modo profondo ad arricchire la civiltà locale di nuovi elementi culturali provenienti dal mondo Greco-orientale. Ne derivarono forme nuove di civiltà nei costumi, nei riti religiosi, nella lingua, di straordinaria originalità, favorito dalla “grecanicità” locale il monachesimo, ebbe un notevole sviluppo; molti furono infatti conventi e chiese da loro costruiti ed i loro resti oggi, costituiscono un patrimonio di notevole valore storico ed archeologico. Questi religiosi orientali, in un primo momento si adattavano ad abitare in delle grotte naturali oppure scavate per non essere preda delle scorrerie saracene, successivamente nel periodo dei Normanni intorno al XI° e XII° secolo, costruivano e dimoravano nei monasteri, costruiti con estrema sapienza maestria nell’uso dei materiali.

A Brancaleone sono presenti molte altre grotte, distanti dal centro abitato, una tra le più interessanti è ubicata nella parte bassa della formazione rocciosa nei pressi della località Aria di San Gregorio, questa infatti, presenta tre croci graffite tutte e tre in stile diverso di cui una in stile Armeno.

I monaci Basiliani erano dotati, oltre che di straordinario spirito di iniziativa, di una profonda cultura “Greco-Orientale”, vivevano una vita di penitenza e di preghiera, ma si dedicavano anche ai lavori manuali, come; l’apicoltura, l’agricoltura, introducendo nuove tecniche di coltivazioni unite a nuove specie di piante ed ortaggi, sempre disponibili a dare aiuto morale e materiale alle popolazioni locali sparse per le campagne che pian piano si avvicinavano a loro con grande fiducia, tutto questo contribuì a formare in vicinanza dei monasteri, veri e propri agglomerati urbani. Probabilmente anche Brancaleone è sorto con l’aiuto dei monaci;

si ha infatti notizia che le grotte di Brancaleone scavate nella roccia sono di quell’epoca e che verso la fine del 1300 vi era un monastero con 8 monaci.

Altre fonti storiche ci rivelano che nel 1310 vi era una chiesa Protopapale a Pressocito (piccola frazione a pochi km da Brancaleone), si ha anche notizia che S. Maria di Tridetti (famoso monumento Bizantino dell’ XI° facente parte, oggi del Comune di Staiti) versava la decima alla diocesi di Bova. Inoltre il Natoli scrive:  ”Ricordo di aver letto un testamento greco del 1200 in cui l’abate manifestava la volontà di cedere i suoi beni col patto che sopravvivendo alla moglie, fosse un giorno ricevuto come frate”. Così nacquero i beni semplici come San Nicola di Brancaleone (chiesa granciale).

Per quanto riguarda le origini del nome di Brancaleone, sappiamo che anticamente la terra di Brancaleone si chiamava “Sperlinga o Sperlonga”, dal latino Spelunca e dal greco Spélugx, con il significato di “caverna o spelonca”. Considerando la ricca presenza di grotte,  l’antico nome di Brancaleone e cioè Sperlinga è stato dato proprio in base allo specifico significato della parola, sia che derivi dal greco sia che derivi dal latino.

Intorno al 1300 veniva dato il nome di Brancaleone e sulla precisa derivazione di questo nome non si ha alcuna certezza, ma qualche ipotesi fatta da vecchi autori come il Barrio, secondo il quale il nome di Brancaleone potrebbe derivare dalle zampe anteriori del leone, volgarmente dette branche; un ‘altra ipotesi suggerisce che il nome Brancaleone sia stato dato per la presenza in questa zona del fiore “boccaleone” poichè qualche vecchio autore scrisse di Brancaleone chiamandolo “Boccalionem”. Una nostra ipotesi per quanto riguarda il nome di Brancaleone è che il nome sia stato dato in onore e per riconoscimento al valore militare di un miles che portava proprio tale nome. Consultando infatti i registri Angioini presso l’Archivio di Stato di Reggio Calabria si scopre che proprio intorno al 1300 un cavaliere di nome Andrea Brancaleone, discendente dall’antica e nobile famiglia della Massa Trebaria nel Pesarese, era presente prima in Calabria e successivamente in Sicilia. Secondo i registri Quinternioni presso l’Archivio di Stato di Reggio Calabria, pare che nel 1566, per un certo assenso, alla vendita fatta da un certo don Carlo Spinello “cum pacto de retrovendita” a Pietro Iacono Brancaleone della “terra di Santa Cristina e dei suoi casali”. Quindi possiamo dire di avere la certezza documentata che intorno al 1300 una nobile famiglia dal cognome di “Brancaleone” si trovava in Calabria, e ciò dà più credibilità a questa ipotesi.

Nel 1364 la terra di Brancaleone fu data in feudo ad Antonello Ruffo, discendente dei Conti di Sinopoli, questa casata rimase per quattro generazioni, fino alla morte di Antonello figlio di Geronimo, avvenuta a Palizzi nel 1515. Nella prima metà del 1400, Brancaleone aveva vissuto un periodo di crisi, con un accentuato spopolamento, poichè il feudatario Geronimo Ruffo chiese una riduzione delle collette per la perdita di molti fuochi.

Tra il 1489 ed il 1494 Brancaleone faceva parte di quell’elenco di castelli che Alfonso D’Aragona riteneva di dover fortificare per potenziare le difese del Regno. L’ultima discendente dei Ruffo di Brancaleone è Geronima, la quale va in sposa ad Alfonso De Ayerbo signore di Simeri, il quale diviene Signore di Brancaleone. Quindi dai Ruffo si passò alla famiglia De Ayerbo d’Aragona, così che la Signoria Feudale di Brancaleone, alla morte di Alfonso il 4 giugno 1520, viene trasferita a Michele d’Aragona De Ayerbo.

Nel 1548 la successione passa al figlio Alfonso, che con speciale patto, vende la Baronia a Troiano Spinelli Marchese di Mesoraca. Il successore Giovanni Battista Spinelli considerando il patto stabilito rivende la terra di Brancaleone con il suo casale (Staiti) al predetto Alfonso d’Aragona e nel 1571 Don Alfonso de Ayerbo d’Aragona Conte di Simeri vende a Don Cristofaro La Rocca (nobile di Messina) la terra di Brancaleone col suo castello per 20.000 ducati (cum pacto de retrovenendo). Ma poco dopo la terra di Brancaleone viene rivendicata dal Conte Alfonso De Ayerbo, che ne fa vendita per 30.000 ducati alla nobile Messinese Donna Eleonora Spadafora (consorte di Federico Stayti), che per la morte del figlio Andrea concede poi il possesso al nipote Federico.

Nel 1592, Federico Stayti acquista la terra di Bruzzano ed ottiene il 10 settembre 1607 il privilegio del titolo di Marchese di Brancaleone con il possesso dei sui territori. Titolo e territorio passano così poi al figlio Diego, che aggiunge al proprio il cognome “D’Aragona”. Morto però senza prole, gli sarà erede la sorella Ippolita nata a Brancaleone nel 1605, mortavi il 17 aprile del 1674 e seppellita nel monastero degli eremitani di S. Agostino (dove oggi sorge la chiesa recentemente restaurata dedicata a Maria SS Anunziata). Con lppolita il Marchesato di Brancaleone passa ai Carafa avendo sposato Vincenzo Carafa poi divenuto Duca di Bruzzano, figlio di Fabrizio, primo Principe del territorio di Roccella. Con i Carafa sarà erario della Camera Marchesale per Staiti e Brancaleone il Barone Don Carlo Bologna. Erede di Vincenzo e Ippolita sarà Giuseppe, che però morirà prima di avere avuto l’intestazione, così come l’altro successore Vincenzo di cui diventerà erede il figlio Gennaro.

Nel 1740, Brancaleone assieme a Palizzi, Bova, Bianco, Casignana ed altri paesi, subiva una forte carestia causata da una invasione di cavallette che avevano distrutto tutto quello che era stato seminato.

Il 9 dicembre del 1774  l’intestazione viene fatta in nome del legittimo erede Vincenzo VII° Marchese di Brancaleone che sarà l’ultimo feudatario prima dell’abolizione (o per lo meno sul piano formale), delle prerogative di Feudatario.

Il terremoto del 1783 provocò gravi danni in tutta la Calabria Ultra, a Brancaleone anche se non fu registrata nessuna perdita umana, vi furono danni per più di 25.000 ducati.

Nel 1799, Brancaleone subì un durissimo attacco da parte dei Francesi e dei loro seguaci.
L’ordinamento amministrativo disposto dal Generale Chianpinnet nel 1799 includeva Brancaleone nel cantone di Bova. Successivamente la legge francese del 1806 lo dichiarava Università nel cosiddetto governo di Bianco e distretto di Gerace.

Il riordino del 1811, con il quale venivano istituiti i comuni, lo riconosceva tale ponendolo nel circondario di Staiti (divenuto centro mandamentale per i paesi limitrofi), ma dividendo i demani ex Feudati ed ecclesiastici che avevano in comune.

Nel 1826 il comune di Brancaleone ottenne il permesso di poter organizzare una fiera annuale nei giorni 27, 28 e 29 Giugno ancora oggi la fiera denominata “Fiera di San Pietro” si svolge sul lungomare di Brancaleone Marina.

Nei moti rivoluzionari  del 1847 contro i Borboni e a favore della libertà, Brancaleone non rimase estranea, anzi partecipò attivamente, specialmente con Giovanni Medici, il quale si spostava anche nei paesi della fascia ionica a raggiungere i capi dei moti rivoluzionari, Verduci e Michele Bello (martiri di Gerace).

Nel 1858, anche a Brancaleone arrivava la linea telegrafica ed un  certo Gaetano Del Vecchio fu il primo capoposto telegrafico.

Il 13 settembre del 1861 nei pressi della spiaggia di Brancaleone sbarcò il Carlista Josè Boryes per tentare la riconquista del Regno ai Borboni, rimasto senza esito e impedito sul nascere di una spedizione organizzata a Marsiglia dal Generale Francese Clary a favore dei Borboni poco dopo la proclamazione del Regno d’Italia. Una spedizione destinata a fare insorgere la Sicilia “tradita” dal Governo dei Piemontesi, fu affidata a Don Josè Borges, uno dei più accaniti difensori del carlismo in Spagna. Egli sbarcò nei pressi di Brancaleone col suo Luogotenente, L’Angloise, già Capitano degli Zuavi del Papa con a seguito 100 Spagnoli, nella ferma fiducia che al suo primo apparire, tutte le popolazioni sarebbero insorte in favore di Francesco II°.

L’economia del paese; era basata sulla pastorizia, sulla produzione della seta e del lino, sull’agricoltura (soprattutto grano, uliveti e fichi), sull’apicoltura e sulla cacciagione. I proprietari, o possidenti, erano poche famiglie e mantenevano potere e proprietà contraendo vincoli di matrimonio con le famiglie dello stesso rango del paese o dei paesi vicini, vi era quasi sempre un rapporto di parentela fra di loro.  La maggior parte delle donne del popolo svolgevano il lavoro di filatrici; altre in minore numero, erano tessitrici, altre ancora erano contadine e domestiche.  I mestieri degli uomini erano quelli del bettoliere, dello stagnino, del mulattiere, del cavallerizzo, del mugnaio, del calzolaio, del muratore, del contadino, del barillaio e l’industriante (cioè quello che riusciva a sopravvivere senza mestiere ma per lo più commerciando). Solo verso la fine del 1800, fù meglio organizzata l’attività della pesca sulla costa, e fra le prime famiglie di pescatori si distinguevano quelle degli Aliano e degli Alessi (quest’ultima originaria di Napoli). I massari, o mezzadri appartenevano alla classe media e per quell’epoca vivevano in quasi agiatezza. Ancora oggi a Brancaleone abbiamo una tradizione che i massari ci hanno tramandato e cioè, l’usanza di donare il pane dopo la commemorazione funebre: un “gesto” che aveva un significato non soltanto religioso.

Brancaleone subì ulteriori danni nel terremoto del 1905 e nel terremoto del 1908, dopo quest’ultimo venne deliberato il trasferimento dell’abitato alla marina, ma nel 1928 il provvedimento venne revocato.

Dopo la prima guerra mondiale (1915-18), vi furono movimenti consistenti per l’occupazione delle terre, lo spirito di ribellione animato dalle forze socialiste era tale che un proprietario terriero, l’Avv. Antonio Romano, che era stato candidato alle elezioni politiche su posizioni radicaleggianti, propose addirittura la costituzione di una “milizia della salvezza” da contrapporre alla invadenza delle leghe contadine fondate e dirette dal socialista Dott. Vincenzo de Angelis.

Nella vita quotidiana del paese, vi era una netta distinzione sociale, senza mescolanze tra le varie classi o ceti. Addirittura gli anziani narrano che durante le ore di passeggio nella piazza del ponte, la piazza veniva divisa da un grande tronco di legno, in modo che i contadini o braccianti si limitavano a passeggiare nello spazio che gli era stato assegnato, separandoli dai Nobili.

 

Le cause dell’abbandono;

Verso la metà degli anni ’50  Brancaleone fu progressivamente abbandonato, a seguito di una delibera comunale che obbligò gli ultimi suoi abitanti ad abbandonare l’abitato perché ritenuto inagibile dopo una pesante alluvione che colpì il territorio, ma che nel contempo non provocò danni alle strutture del borgo, si volle trovare un pretesto per spopolare il vecchio centro storico perché più isolato rispetto al nuovo centro abitato sorto sulla costa. Gli abitanti costretti dall’inerzia politica del tempo non ebbero più scelta che abbandonare le proprie case e trasferirsi nelle frazioni di Razzà (sorto come una baraccopoli ai piedi della collina) e la frazione Paese Nuovo (appendice del vecchio borgo) con la sistemazione dei cittadini nelle nuove casette popolari dotate di tutti i servizi essenziali; acqua corrente, luce e servizi igienici (servizi inesistenti nel vecchio paese a quell’epoca).

Brancaleone subì ulteriori danni nel terremoto del 1905 e nel terremoto del 1908, dopo quest’ultimo venne deliberato il trasferimento dell’abitato alla marina, ma nel 1928 il provvedimento venne revocato.

Nel 2008 a seguito di un progetto di recupero e valorizzazione del Borgo sotto la guida e supervisione della Soprintendenza delle belle arti e del paesaggio è stato Istituito “Parco Archeologico Urbano” un grande lavoro di restauro conservativo durato 2 anni che ha portato al recupero di alcuni percorsi all’interno del nucleo abitativo borgo e della Grotta della Madonna del Riposo con i suoi affreschi e della Chiesa Nuova Maria SS Annunziata.

Dal 2012, il borgo di Brancaleone Vetus è stato oggetto di cure e attenzioni della Pro Loco di Brancaleone che si è dedicata assieme ai soci alla valorizzazione dell’intero sito archeologico, creando eventi, attivando servizi visite, proponendo escursioni, ma a questo si aggiungono importanti opere di manutenzione e rigenerazione urbana che grazie a raccolte fondi ed iniziative finalizzate al recupero di sentieri, toponomastica antica e fruizione delle antiche chiese-grotte hanno consentito a questo luogo di avere una ulteriore rinascita dopo anni di abbandono. Oggi il borgo di Brancaleone vetus è tra le mete ed i borghi abbandonati più visitati dell’intero comprensorio Metropolitano di Reggio Calabria. Numerosi sono infatti i visitatori ed appassionati anche d’oltre oceano che riscoprono questo luogo pregno di storia ma anche dal fascino unico al mondo.

Dal 2017 l’Associazione Pro-Loco di Brancaleone grazie ad una speciale convenzione stipulata con l’Amministrazione è stata designata alla gestione del “Parco Archeologico Urbano di Brancaleone Vetus”, adoperandosi 365 giorni all’anno per la cura e la manutenzione del sito, valorizzando le peculiarità storico, naturalistiche ed archeologiche grazie all’apporto e supporto scientifico dei ricercatori Sebastiano Stranges e Vincenzo De Angelis (soci onorari della Pro Loco) che hanno dato un importante contributo per il processo di valorizzazione della storia, delle peculiarità del borgo oggi riconosciute in tutta Europa ed oggetto di studio presso molte Università d’Italia e d’Europa.

FONTI: Vincenzo De Angelis

DA NON PERDERE VISITANDO IL BORGO DI BRANCALEONE VETUS

 

Dove insiste l’attuale chiesa monumentale anch’essa intitolata a Maria S.S. Annunziata (da poco restaurata) costruita nel tra il 1932 ed il 1935, vi era il Convento dei Padri Agostiniani. Oggi l’edificio, rappresenta uno degli esempi di neoclassicismo calabrese, al cui interno si conserva ciò che resta dell’altare marmoreo rinascimentale traslato dall’antica chiesa matrice. Sempre all’interno possiamo trovare un’esposizione di Icone in stile bizantino che ritraggono i santi della tradizione Calabro-Greca e Armeno-Bizantina, un diorama che riproduce l’antica chiesa Matrice, ricostruita secondo la documentazione (consultabile), molti pannelli di approfondimento scientifico del borgo ed un’esposizione di antiche fotografie, tra le quai una dei primi anni in cui fu inventata la fotografia. Oltre ad una serie di volumi rari, consultabili, la chiesa ospita anche due preziosi volumi relativi al terremoto e al post-terremoto del 1783, altro tema trattato durante la visita nel borgo.

Questa piccola grotta si trova lungo quello che viene definito sule antiche mappe toponomastiche “viale dei monaci” località Maddaloni, essa è larga circa 1mt, alta 1.95cm e profonda circa 1.80cm.  Al suo interno sono visibili due nicchie; nella parete destra e in quella frontale all’entrata dov’era posta l’effigie della Madonna del Riposo. I dipinti che sono meglio conservati nelle pareti raffigurano un corteo di Santi e Sante, martiri e monaci; lo stile sembra rinascimentale, ma con chiari ed evidenti rimaneggiamenti settecenteschi.

Si trova nella zona “fuori le mura” del borgo, dietro l’era su cui insiste la monumentale chiesa dell’Annunziata “nuova”, attraverso un vicoletto ( via Domenico Autelitano) e risalendo per pochi metri, si giunge in quel che resta dell’entrata della piccola casa, che a sinistra presenta un foro che attraverso una scaletta in legno, consente di scendere al piano inferiore. Qui si entra all’interno di questo ambiente ingrottato per metà e che consente di poter capire com’era strutturata l’abitazione in due livelli, perfettamente integrata con la morfologia del luogo caratterizzato dalla tipica roccia d’arenaria su cui poggia del resto, tutto l’abitato di Brancaleone antica. Da questo punto e attraverso una piccola scaletta ricavata sulle antiche mura della casa, si accede al “largo delle memorie” per ammirare il panorama , il Palazzo Terminelli che troneggia con i suoi muri ancora dipinti e le sue volte che disegnano uno scenario intorno contraddistinto da colori e contrasti davvero unici.

Oggi in stato di rudere, cui si possono ammirare soltanto le parti murarie perimetrali è situata in alto, proprio al centro del paese, si possono ancora ammirare le catacombe dove venivano seppelliti sacerdoti e nobili del paese. L’edificio si presentava con uno stile Romanico e possedeva un campanile munito di orologio. Alcuni documenti storici d’archivio riferiscono che la torre campanaria possedeva delle campane del 1400 e 1600 purtroppo andate perdute. Oggi da questo sito si può ammirare uno dei panorami più spettacolari del borgo alla quota massima di 310mt s.l.m., da qualche anno infatti, è stato installato un punto panoramico che consente di ammirare tutta la “valle degli armeni” e i contrafforti pre-Aspromontani orientali, con i suoi borghi e siti di interesse, grazie ad un pannello fotografico che illustra tutte le vette principali della visuale, che verso Nord-est nelle giornate limpide, consente di ammirare anche Punta Stilo.

Il Vicolo narrante si trova proprio qualche vicoletto accanto alla chiesa matrice, si tratta di Via V. Zampaglione, che di recente è stato interessato da un’opera di pulizia per l’accesso verso il portale del Palazzo De Angelis. Attraverso un piccolo e caratteristico archetto, si entra in un mondo fatato, caratterizzato da 5 tegole, su cui sono incise alcuni passi emblematici della poesia dialettale del noto Medico del Paese “Vincenzo De Angelis” che proprio li nacque ed abitò sino all’abbandono definitivo del Palazzo.

Il sito dei Silos-granai, si trovano all’interno del nucleo urbano del borgo, conosciuto con il nome di “Piazza del Ponte o Vittorio Emanuele”. Una serie di silos scavati nella roccia arenitica che caratterizza il luogo, frutto di un’ingegnosa capacità di sfruttare le condizioni geomorfologiche del sito per la conservazione ed il mantenimento delle granaglie. Dagli scavi archeologici effettuati sono emersi 28 silos, ognuno di questi è collegato uno con l’altro, questi si possono ammirare al suo interno attraverso via Trento che conduce alla chiesa grotta dell’albero della Vita e alla grotta dell’età del ferro.

Secondo il Prof. Sebastiano Stranges (studioso e archeologo locale) le grotte di Brancaleone Vetus sono delle chiese-grotte, e la chiesa-grotta dell’albero della vita, dato il suo pilastro centrale presenta al suo interno dei graffiti di chiara ed inequivocabile matrice Armena caratterizzata da una croce astile con un pavone stilizzato ai piedi della stessa nell’atto di reverenza verso il sacro simbolo. Oltre ai ritrovamenti di forni per la cottura di pane dello stesso stile delle terre dell’Armenia. Essenzialmente la grotta è molto affine alle grotte chiese che si trovano dell’Anatolia, dell’Armenia e della Cappadocia e in Armenia odierna.

Grazie ai percorsi resi accessibili dalla pulizia quotidiana, è possibile ammirare questa piccola grotta che si trova proprio al di sotto della grotta-chiesa dell’Albero della vita. La grotta presenta caratteristiche simili alle sepolture utilizzate nell’VIII sec. a.C. e che non è dissimile alle tombe delle località più rinomate ed archeologicamente più studiate della zona della necropoli di Locri Epizefiri (Janchina, Canale e Stefanelli). L’interno della grotta, è caratterizzata dalla tipica mensoletta ricavata nella roccia e che serviva molto probabilmente per i doni funerari. La presenza di questa grotta accessibile rispetto a molte altre, ha consentito di retrodatare la presenza umana in tutta l’area del borgo di Brancaleone, frequentato appunto, molti secoli prima rispetto all’insediamento umano che conosciamo oggi.

 

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