Quante volte vi è capitato di percorrere la SS106 sulla costa Jonica e notare questo bellissimo faro? Bene, con questo breve articolo, cercheremo di far luce sull’aspetto tecnico e storico di questa struttura che non smette di affascinare migliaia di viaggiatori.
Innanzi tutto ci occorre precisare che il punto dove sorge il faro, non ricade sul territorio di Brancaleone ma sul territorio di Palizzi, in realtà non si tratta neanche della punta più estrema peninsulare (come erroneamente descritto su alcuni siti internet e riviste turistiche) in quanto è stato accertato che la punta Spropoli (cui prende il nome anche l’omonima frazione di Palizzi) è in realtà essa la punta più a sud dell’Italia peninsulare.
Dunque la Fiumara Aranghìa (nome grecanico di questo corso d’acqua) è il confine geografico dei due Comuni. Ricordiamo che il nome Aranghìa è anche un pregiatissimo vino rosso D.O.P. di Palizzi che proviene proprio dai vigneti di queste terre poste sulle sponde dell’omonima fiumara.
Certo è anche che il toponimo “Capo Spartivento”, non è un nome originale. Esiste infatti un Capo Spartivento in Puglia,, uno in Sardegna e uno in Calabria e chissà quanti altri sparsi per l’Italia.
Il toponimo più antico di Capo Spartivento è Heracleum Promontorium, il toponimo rimanda infatti al mito di Ercole che si riposò su quel poggio dalle sue fatiche, quindi punto finale della penisola Italiana, che fu percorso dai navigatori Greci, Cartaginesi e Romani e che oggi rimane un crocevia importante nel centro del Mediterraneo.
Il promontorio di Capo Spartivento, è un cuneo che si protende verso il mare tra Galati e Spropoli, rispettivamente frazioni dei comuni di Brancaleone e Palizzi.
Il complesso del faro è un insieme di piccoli locali su cui si erge maestosa la torre dove poggia la grande cupola di vetro del faro il cui punto focale è posto a 64,50 metri dal livello del mare, acceso la prima volta 10 settembre 1867” e ristrutturato nel 1910. La lanterna ad ottica visibile per 22 miglia nautiche
Sempre all’esterno della struttura su una lapide è inciso: “Latitudine boreale 37° 53′ 18”. Si tratta infatti di un dato riferito al meridiano di Parigi, dal 1884 esiste invece il parametro del meridiano fondamentale di Greenvich (Londra) e quindi oggi la posizione è: latitudine 37° 55′ 5”, longitudine 16° 02′ 7”, rispetto a quando si calcolava anticamente c’è uno scarto di appena un grado.
Il faro, un tempo fu anche radiofaro (linguaggio Morse), oggi ha un sistema elettrico di lampada alogena a 110 volt di tipo americano e una riserva a batteria.
In oltre 100 anni si è passati dalla combustione all’olio d’oliva alla nafta (1935) sino all’ odierna elettricità. La lampada fa il giro completo a 360 gradi gettando il suo fascio di luce per 22 miglia nautiche, pari a circa 40km . Il giro dura 32 secondi emanando ogni 8 secondi lampi di luce. Si accende mezz’ ora prima del tramonto e si spengne mezz’ora dopo il sorgere dell’alba, ed accompagna le navi da Punta Stilo fino al faro di Capo d’Armi e viceversa.
Difficile contare quante navi si vedono passare durante il giorno, quel che certo, è la sensazionale vista che si può godere da questo luogo che richiama la bellezza del paesaggio mediterraneo marittimo.
Alle spalle del faro, più in alto sulla collina a un centinaio di metri, vi è una caserma dell’Aeronautica militare chiusa nel 1975 ed oggi di nuovo in funzione con un radar di controllo e annesso servizio meteorologico militare.
Ad oggi il faro non è visitabile perchè “ZONA MILITARE”, ma rimane uno dei più bei fari esistenti della costa Jonica Reggina che con la sua poderosa imponenza è diventato un simbolo per gli abitanti di Palizzi e di Brancaleone.
Questo luogo è intriso di numerosi misteri e leggende che si fondono con una straordinaria spiritualità appartenente alla cultura cristiano- bizantina, cui questa zona vanta un gran numero di Santi ed Eremiti.
Sicuramente la leggenda più affascinante che lega Capo Spartivento riguarda quella di Sant’Elmo (altro nome di Sant’Erasmo di Formia, vescovo e martire).
LA LEGGENDA DI SANT’ELMO
Gli antichi lo chiamavano Heracleum Promontorium (60 a.C.), assai prima che l’Heracle dei greci divenisse L’Ercole degli italici che cominciarono a chiamarlo Erculeum Promontorium. Assai comprensibile, vista l’indubbia importanza, sia dal punto di vista nautico che geografico, il motivo per cui gli antichi colonizzatori lo consacravano al culto dell’antico eroe. In tempi antichi abitava all’interno di una grotta un eremita, Sant’Elmo, che viveva di questua. Sant’Elmo aveva un fratello e sette nipoti. Un tragico giorno il fratello morì, e l’eremita prese con sé le sette figliuole del defunto. Ormai la questua, già appena sufficiente per lui, non bastava più. Una notte mentre meditava e pregava nel tentativo di trovare una soluzione, gli apparve un gigante con una lanterna accesa. Era San Cristoforo per dargli aiuto proprio con la lanterna.
L’eremita, non capendo in che modo la lanterna potesse risolvere il suo problema, chiese informazioni. San Cristoforo rispose: “Tu sai che i contrabbandieri vanno per mare. Orbene, quando la notte e’ buia e i venti si scaricano sui flutti, accendi la lanterna, piantala sopra uno di questi scogli e fai lumi ai poveri contrabbandieri che corrono pericolo di rompere la barca”.
Da quella sera, Sant’Elmo, fece come gli era stato detto e ricominciata la questua, non passò giorno che non tornasse nella grotta con le bisacce piene di ogni bene, dono dei contrabbandieri grati per l’aiuto, riuscendo così a sfamare le nipoti. Ancora oggi, dopo tanti secoli dalla sua morte, Sant’Elmo, scende dal cielo con la lanterna accesa e salva le navi che stanno per naufragare.